Le malformazioni congenite hanno un’incidenza del 2-3% nella popolazione generale e nell’80-90% dei casi si verificano in coppie che non presentavano un rischio specifico. Il 25-30% delle malformazioni esita in morte perinatale e, nei paesi industrializzati, proprio tali malformazioni sono responsabili del 25% di tutte le morti perinatali.
Durante le fasi di sviluppo fetale può verificarsi l’insorgenza di malformazioni congenite anche definite anomalie congenite. Tali anomalie riconoscono cause genetiche, legate ad anomalie cromosomiche o geniche, e cause ambientali legate, ad esempio, all’interazione di un fattore teratogeno con lo sviluppo fetale.
Un problema di rilevanza sociale crescente è rappresentato dall’aumento dell’incidenza di alcune malformazioni congenite in aree ad elevato impatto industriale a causa dell’azione teratogena di sostanze che interferiscono con lo sviluppo fetale in fasi estremamente precoci della gestazione.
L’avvento delle moderne tecniche di diagnosi prenatale ha permesso da alcuni anni la possibile diagnosi precoce di numerose malformazioni congenite durante la gestazione.
Tali tecniche diagnostiche comprendono sia la diagnosi ecografica che l’utilizzo di tecniche di diagnosi prenatale invasiva e non invasiva (NIPT) per la valutazione di anomalie genetiche.
La diagnosi ecografica delle malformazioni congenite
L’ecografia del I trimestre permette oggi l’identificazione di alcune malformazioni congenite nel primo trimestre di gestazione o la valutazione di markers ecografici per la caratterizzazione del rischio di patologie genetiche.
Ad esempio, la misurazione della translucenza nucale, eseguibile tra la 11a e la 13a settimana gestazionale permette, in combinazione con il dosaggio ematico di alcuni marcatori biochimici, di valutare il rischio di alcune cromosomopatie (es. sindrome di Down) e di alcune malattie genetiche.
La fisiopatologia dell’aumento della translucenza nucale non è ancora chiara, tuttavia una compromissione dell’attività cardiaca sembra essere un meccanismo importante. Altre cause possibili sono la congestione venosa a livello della testa e del collo, l’alterata composizione della matrice extracellulare, un anomalo o mancato sviluppo del sistema linfatico, il malfunzionamento del drenaggio linfatico, anemia o ipoproteinemia fetale ed infezioni congenite. La NT è generalmente considerata incrementata quando risulta ≥2,5 mm in quanto tale valore si colloca al di sopra del 95° centile in associazione con anomalie cromosomiche, morte fetale e malformazione congenite fetali maggiori.
Nel secondo trimestre di gestazione la valutazione ecografica permette l’identificazione di molte malformazioni congenite attraverso lo studio accurato dell’anatomia fetale. La possibilità di eseguire una diagnosi precoce in epoca prenatale delle anomalie fetali permette di programmare specifici percorsi diagnostici per individuare l’eventuale presenza di sindromi genetiche e di caratterizzare la storia naturale della patologia riscontrata offrendo alla coppia un adeguato counseling genetico.
Tra le malformazioni congenite più frequenti diagnosticabili in epoca prenatale vi sono le cardiopatie congenite, le malformazioni cerebrali, le malformazioni intestinali e renali. In alcuni casi, come ad esempio diverse displasie scheletriche la diagnosi di anomalia fetale è tardiva risultando eseguibile solo nel terzo trimestre di gestazione.
E’ importante sottolineare che vi sono anomalie congenite che non è possibile diagnosticare in epoca prenatale, come ad esempio alcune cardiopatie, perché sono ad insorgenza neonatale.
Le tecniche di diagnosi prenatale invasiva
La diagnosi prenatale invasiva, utile per prelevare un campione di materiale biologico fetale su cui eseguire indagini genetiche (cromosomiche o molecolari) utilizza le due procedure:
- Villocentesi (prelievo di villi coriali) eseguibile, generalmente, dalla 11a alla 13a settimana gestazionale
- Amniocentesi (prelievo di liquido amniotico) eseguibile, generalmente, dalla 16a alla 18a settimana gestazionale
Le indicazioni all’esecuzione della diagnosi prenatale invasiva possono comprendere la presenza di anomalie fetali ecograficamente diagnosticate, la presenza di un riarrangiamento cromosomico strutturale in uno dei due partner, la presenza di una condizione genetica familiare nota, evidenza di un rischio aumentato per patologia cromosomica evidenziatosi allo screening del I trimestre, NIPT ad aumentato rischio, etc.
L’accesso alla diagnosi prenatale invasiva deve sempre essere preceduto e seguito dalla consulenza genetica prenatale.
La diagnosi prenatale non invasiva: NIPT
La diagnosi prenatale non invasiva eseguita su sangue materno analizza il rischio delle trisomie fetali più comuni e aneuploidie X, Y in gravidanze dalla decima settimana in poi. Per eseguire il test è sufficiente un prelievo di sangue materno, sul quale viene eseguita un’analisi diretta del DNA fetale, circolante durante la gravidanza nel sangue della madre.
L’esame ha dimostrato un’attendibilità superiore al 99% nel determinare il rischio di trisomia 21 (Sindrome di Down) e rispettivamente del 98% e 80% per le trisomie 18 e 13 (Sindrome di Edwards e Sindrome di Patau), con un tasso di falsi positivi inferiore allo 0.1% in tutti e tre i casi. Fornisce anche informazioni sul sesso fetale e sulle aneuploidie X, Y ed è possibile eseguirlo anche nelle gravidanze gemellari (con non più di 2 feti anche se ottenute con ovodonazione).
Malformazioni congenite e infezioni in gravidanza
Le infezioni in gravidanza rappresentano una causa biologica rilevante nell’eziologia di alcune malformazioni fetali. Alcuni virus e protozoi sono infatti responsabili di anomalie fetali a carico di diversi organi e per molti di essi esiste un rapporto causa-effetto ben delineato e correlabile alla diversa epoca gestazionale in cui la gestante ha contratto l’infezione.
Il danno embrionale non si manifesta nella totalità dei casi e la gravità è strettamente correlata al periodo di esposizione. Generalmente tanto più precoce è l’infezione, tanto maggiori sono le probabilità di causare un’embriopatia e tanto maggiori sono in termini di gravità gli effetti fetali. Le infezioni in gravidanza rappresentano quindi un problema rilevante ai fini di prevenzione.
Il management della donna in gravidanza con sospetta o accertata infezione virale o protozoaria deve essere affidato ad equipe multidisciplinari (ostetrico, infettivologo, pediatra, genetista, etc) che siano in grado di valutare accuratamente i possibili rischi avvalendosi di indagini strumentali (immunologiche, molecolari, ecografiche, etc) per poter fornire alla donna un counseling corretto e poter offrire la possibilità di un “decision making” informato.
Troppo spesso infatti, la disinformazione e un management non corretto portano la donna a decidere per l’interruzione di gravidanza anche in quei casi dove un accurato counseling avrebbe potuto esprimere un rischio basso o addirittura nullo di danno embrio-fetale.
Malformazioni fetali e assunzione di farmaci in gravidanza
L’assunzione di farmaci in gravidanza è una problematica abbastanza frequente sia in termini di esposizioni occasionali in fasi precoci della gestazione, sia in termini di esposizioni prolungate per patologie croniche materne.
La consulenza teratologica per esposizione a farmaci in gravidanza mira a valutare i possibili rischi fetali in relazione al tipo, alla durata e all’epoca di esposizione. Ogni teratogeno infatti può avere un diverso effetto in relazione all’esposizione e comportare un giudizio di bassa o alta teratogenicità.
In relazione alla necessità di assunzioni prolungate per malattie materne croniche la valutazione teratologica mirerà a proporre un percorso dedicato di valutazione del costo beneficio della terapia anche con la possibilità di variare il piano terapeutico con l’utilizzo di molecole o dosi con minore impatto teratogeno fetale.
Lo staff di BGenetica è pronto ad affiancare il paziente e i familiari nel percorso di consulenza genetica per valutare il percorso più adatto, per maggiori informazioni scrivici sulla pagina contatti o via mail a info@bgenetica.it