A cura di Sebastiano Bianca – Medico Genetista

Oggi è la Giornata Mondiale per la Sindrome di Down, istituita nel 2012 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare su questa condizione genetica.

Quando ho pensato di scrivere un contributo scientifico sulla Sindrome di Down ho pensato a questi trent’anni trascorsi dalla mia laurea in medicina nel 1994 con una tesi dal titolo “Progetto Persona Down”, si “Persona” e non “Paziente”, un titolo innovativo e strano per una tesi di laurea, figuriamoci poi trent’anni fa, un titolo che voleva unire l’aspetto medico a quello sociale al considerarsi Persona. Un titolo che non mi ha mai abbandonato nella mia vita quotidiana accanto a loro. E quindi guardando indietro e guardando ad oggi penso ancora di più ai miei amici con trisomia 21 incontrati bambini e diventati ora grandi, penso ad Enzo, Emily, Ivan, Marco, Agata, Pietro, Giuseppe, Alessia, Maria Fatima, Giovanni, ai tanti altri incontrati in questi anni e a quelli mai nati.

Scriverò allora questo contributo come un colloquio ideale tra una coppia di genitori a cui sto comunicando da medico genetista la diagnosi alla nascita, con le loro domande, le loro paure sul futuro, le loro speranze.

Cosa è la Sindrome di Down? Perché è successo?

La sindrome di Down, nota anche come trisomia 21, è una condizione genetica dovuta alla presenza di un cromosoma 21 in più. Deve il suo nome ad un medico inglese John Langdon Down che nel 1866 la descrisse per la prima volta. La base genetica legata alla presenza della trisomia 21 venne identificata nel 1958. Nel 95-97% circa dei casi è presente un cariotipo a 47 cromosomi per la presenza appunto di un cromosoma 21 in più, che origina da una non-disgiunzione casuale durante la meiosi; il 2-3% di queste persone presenta un mosaicismo con una linea cellulare a 46 cromosomi e una linea cellulare a 47 cromosomi. Nei casi rimanenti il cromosoma 21 soprannumerario, o parte del cromosoma 21, è traslocata su un altro cromosoma o è presente una duplicazione di parte del cromosoma 21.

Se volessimo altri figli saranno tutti con la sindrome di Down?

Nei casi con trisomia 21 libera il rischio per le vostre future gravidanze sarà sovrapponibile a quello della popolazione generale in rapporto all’età. Per i casi da traslocazione cromosomica il rischio è alto perché abbiamo una possibilità su re che ci sia la traslocazione sbilanciata.

Che segni clinici presenterà nostro figlio? Presenterà malformazioni congenite?

I segni clinici sono caratterizzati da alcune peculiarità dell’aspetto del volto, che noi genetisti definiamo dismorfie, da un grado variabile di ipotonia e di disabilità intellettiva che nella gran parte dei casi è di tipo medio-lieve. 

In poco meno della metà dei bambini con sindrome di Down è presente alla nascita una cardiopatia congenita (tra le più frequenti: il canale atrio-ventricolare, la tetralogia di Fallot, e i difetti settali). Possono inoltre presentarsi con frequenza variabile altre condizioni malformative quali ad esempio atresia intestinale, anomalie renali, etc. E’ importante pertanto alla nascita fare un check up completo per evidenziare l’eventuale presenza di tali malformazioni.

Posso allattare al seno mio figlio anche se ha la sindrome di Down?

Certamente! I bambini con trisomia 21 hanno tutte le potenzialità per essere allattati al seno anche se spesso è necessario abilitare questa funzione e i consigli degli esperti possono essere molto utili 

Nostro figlio avrà bisogno di continue ospedalizzazioni? Starà sempre male?

Se escludiamo i casi in cui le anomalie congenite hanno necessità di cura specifica, i bambini con trisomia 21 non presentano particolari problematiche mediche. E’ riportata una maggiore incidenza di problematiche dell’orecchio e facilità ad infezioni, così come una maggiore incidenza di malattie autoimmuni (es. patologie tiroidee e celiachia). E’ quindi opportuno l’inserimento in un programma di follow up clinico personalizzato che tenga conto di alcuni controlli standard (accrescimento, valutazione ORL, valutazione oculistica, valutazione cardiologica, ecografia addome) e personalizzati secondo le esigenze di quella persona.

Nostro figlio deve fare terapia abilitativa e logopedia? Farà terapia tutta la vita?

L’intervento precoce è fondamentale. L’utilizzo di percorsi abilitativi mirati aiuta a migliorare le abilità e la qualità della vita. Nei primi mesi e nei primi anni l’approccio all’ipotonia è fondamentale per mantenere la postura del capo e per lo sviluppo motorio. Risulta essenziale avviare una logopedia precoce per stimolare i prerequisiti del linguaggio e della corretta masticazione. Se correttamente presi in carico da piccoli i bambini raggiungono regolarmente le tappe dello sviluppo motorio. La terapia abilitativa è eseguita generalmente nelle fasi di crescita del bambino e non prosegue per l’intera durata della vita.

Nostro figlio sarà in grado di andare a scuola? Sarà autonomo? Potrà lavorare? Potrà fare sport?

La precocità dei percorsi abilitativi pone le basi per un corretto inserimento scolastico dove, con adeguato supporto, si possono raggiungere oggi traguardi impensabili nel passato. L’inclusione in contesti scolastici e sociali è fondamentale per promuovere l’autonomia e l’integrazione. Per quanto riguarda l’autonomia anche in questo caso, l’aver intrapreso sin da piccoli programmi abilitativi adeguati permette di raggiungere livelli di autonomia sociale avanzata. Molti ragazzi oggi lavorano, fanno esperienze abitative autonome, hanno una vita sentimentale. Lo sport è fondamentale come palestra di vita che favorisce lo sviluppo fisico e nel nostro caso migliora e compensa l’ipotonia propria della condizione e favorisce l’integrazione, la socializzazione e tutte le capacità che sono proprie dello sport. Non vi sono specifiche limitazione a praticare qualunque tipo di sport per cui quel bambino, ragazzo o persona adulta si trovi predisposto.

Ci troveremo a dover combattere degli stereotipi? 

Persistono ancora nella società alcuni stereotipi appartenenti al passato, ad un’epoca in cui veniva negato l’inserimento scolastico e sociale. Stereotipi che vanno oggi totalmente sfatati per una completa inclusione nella società delle persone con trisomia 21. Ne citiamo alcuni tra i più frequenti: sono tutti uguali? Non è assolutamente vero, ogni bambino, ogni persona ha il suo carattere, la sua unicità, plasmata nel tempo come per ognuno di noi. Sono eterni bambini, felici e asessuati? Assolutamente no, crescendo manifestano le loro inclinazioni in termini di scelte, di percorsi scolastici, di inserimento lavorativo e di scelte affettive.

In questo nostro percorso potremo confrontarci con altri genitori? Esistono delle Associazioni?

Ci sono diverse associazioni costituite da genitori, fratelli, sorelle e persone con trisomia 21. Il ruolo di queste associazioni è fondamentale per il non sentirsi soli. Aderire è essenziale e arricchisce tutti. Unire le forze come abbiamo fatto in insieme 21 consente di raggiungere obiettivi più ambiziosi che da soli è più complicato raggiungere.

Insomma dottore a termine di questo momento insieme ci può dire come sarà nostro figlio?

Vostro figlio sarà come voi volete che diventi, non mollate mai, non fatevi impaurire dalle difficoltà, non fatevi influenzare dagli stereotipi, molto si è fatto, molto di più si può fare per le Persone con Sindrome di Down.