Diagnosi clinica
La sordità è il difetto sensoriale più frequente, infatti 1/700 – 1/1000 neonati presenta alla nascita una sordità congenita.
La diagnosi di sordità o ipoacusia congenita è oggi essenzialmente clinica. Esistono infatti test specifici che permettono di diagnosticare la condizione molto precocemente, già nei primi mesi di vita (otoemissioni acustiche, potenziali evocati uditivi). Si sta diffondendo sempre più l’esecuzione di uno screening audiologico alla nascita in modo da individuare i bambini a rischio e indirizzarli verso approfondimenti clinici e diagnostici mirati.
Eziologia
Si stima che nel 60% dei casi l’origine è genetica, mentre il restante 40% riconosce un’eziologia attribuibile a diversi fattori tra cui: infezioni virali contratte dalla madre durante la gravidanza (per esempio la rosolia) o l’assunzione di terapie antibiotiche con aminoglicosidi in soggetti che presentano una specifica mutazione predisponente.
Si distinguono inoltre:
- Forme sindromiche (che rappresentano circa il 30% dei casi) e in cui oltre alla sordità si riscontrano altri segni clinici coinvolgenti altre apparati quali ad esempio endocrino, oculare, renale, cardiaco (Sindrome di Usher, di Alport, di Pendred, etc.).
- Forme non sindromiche (che rappresentano circa il 70% dei casi): in cui l’ipoacusia si presenta in forma isolata e non risulta quindi associata ad altre patologie.
Aspetti genetici
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nell’identificazione dei geni coinvolti nelle ipoacusie ma resta ancora molto da fare per quanto riguarda non solo l’identificazione dei geni responsabili dell’ipoacusia ma anche i meccanismi molecolari alla base di questa patologia.
A oggi si ritiene che oltre un centinaio di geni risultano essere coinvolti nelle forme ereditarie non sindromiche e molti di questi geni non sono stati ancora identificati.
I diversi loci cromosomici delle forme non sindromiche di sordità ereditaria sono indicati con l’acronimo DFN (“deafness”) seguito dalla lettera A o B a seconda della modalità di trasmissione autosomica dominante o recessiva rispettivamente. Le lettere A o B sono seguite da un numero che indica l’ordine cronologico di scoperta dei geni associati al locus. Esistono inoltre forme ad ereditarietà X-linked o legate a mutazioni nel DNA mitocondriale.
Il gene connessina 26 (Cx26, indicato anche con la sigla GJB2, gap-junctionprotein beta 2), identificato nel 1997, è il responsabile di circa l’80% dei casi di sordità autosomica recessiva. Le connessine sono una famiglia di proteine presenti sulla membrana cellulare, dove formano dei canali necessari per gli scambi e la comunicazione tra cellule.
La connessina 26 risulta essenziale per il funzionamento della coclea. La sua assenza, infatti, determina una mancata trasmissione dell’impulso nervoso e, di conseguenza, una ipoacusia neurosensoriale bilaterale congenita.
Questo gene è coinvolto in due diverse forme di sordità non sindromica: DFNB1 e DFNA3. Mentre la forma DFNA3 è molto rara ed è a trasmissione autosomica dominante, la DFNB1 è la più frequente forma ad eredità autosomica recessiva ed è caratterizzata dalla perdita dell’udito, bilaterale e isolata, che avviene sistematicamente prima dell’acquisizione del linguaggio.
La perdita dell’udito può essere lieve o profonda, con variabile espressione intra-familiare e inter-familiare. La sordità è raramente progressiva e può riguardare le alte frequenze o tutte le frequenze con la stessa gravità.
Si stima che in Italia circa una persona su 30-35 nella popolazione è eterozigote (portatore sano) per una mutazione del gene della connessina 26.
Nel gene della connessina 26 sono state descritte oltre 100 mutazioni differenti e numerosi polimorfismi. Nelle popolazioni caucasiche a differenza degli altri gruppi etnici, la mutazione più frequente è la 35delG che causa un prematuro stop della sintesi della proteina.
Il rischio di ricorrenza, la possibilità cioè che da due genitori eterozigoti (portatori sani) nasca un bambino con sordità genetica è del 25% per ogni figlio.
Possibilità di cura
Non vi sono in atto specifiche cure per le forme genetiche di sordità. Le possibilità di intervento variano a seconda delle condizioni: in molti casi, protesi acustiche e impianti cocleari permettono di recuperare parzialmente o totalmente l’udito.
Per ulteriori approfondimenti puoi contattare i genetisti di Bgenetica o, qualora dovessi rientrare in una delle condizioni prima illustrate, valutare la possibilità di eseguire una consulenza genetica.
Se hai dei quesiti i Genetisti di Bgenetica sono pronti a risponderti inviando il tuo quesito a info@bgenetica.it
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