A cura di Cristina Gorgone – Medico Genetista
Le distrofie muscolari sono malattie ereditarie causate da difetti in diversi geni che determinano perdita di funzione, riduzione o assenza di proteine necessarie per il corretto funzionamento delle fibre muscolari. La conseguenza è una progressiva degenerazione del tessuto muscolare e un deficit di forza muscolare che ha entità, distribuzione ed epoca di comparsa variabili a seconda del gene coinvolto. Esistono dunque diverse forme di distrofia muscolare, che vengono classificate in base a criteri clinici e al difetto genetico.
La distrofia muscolare di Duchenne è la forma più frequente di distrofia muscolare. È causata da mutazioni del gene della distrofina, il gene più voluminoso conosciuto, situato nel cromosoma X alla banda p21.2. Nella distrofia di Duchenne, queste mutazioni determinano la totale assenza di distrofina (< 5%), una proteina presente nella membrana della cellula muscolare.
È una malattia neuromuscolare rara, di origine genetica, caratterizzata da atrofia e debolezza muscolare a progressione rapida, causate dalla degenerazione dei muscoli scheletrici, della muscolatura liscia e del muscolo cardiaco. La frequenza stimata della malattia è di circa un paziente maschio su 5000 nati vivi.
Distrofia muscolare di Duchenne: la causa
La malattia è dovuta ad una alterazione del gene Distrofina, localizzato sul cromosoma X, che produce la distrofina, proteina che ha la funzione di proteggere la membrana cellulare dalle sollecitazioni prodotte dal lavoro muscolare. La sua assenza è responsabile di una degenerazione progressiva del tessuto muscolare.
Le alterazioni del gene della distrofina possono essere trasmesse da una donna portatrice (in circa il 70% dei casi) o presentarsi come nuove mutazioni (de novo) nel bambino affetto (nel 30% dei casi).
In circa il 65% dei casi, la DMD è causata da ampie delezioni del gene della distrofina, nel 10% da duplicazioni, nel 24% da piccole mutazioni puntiformi e nell’1% da altri tipi di mutazioni.
Occasionalmente si osserva una forma distrofica muscolare prossimale nelle ragazze. Ciò può verificarsi o perché la femmina presenta un solo cromosoma X (es: sindrome di Turner), oppure per il fenomeno della lyonizzazione (inattivazione del cromosoma X sbilanciata verso l’allele sano paterno).
Distrofia muscolare di Duchenne: fisiopatologia
Le mutazioni del gene della distrofina determinano come conseguenza la mancata produzione della corrispondente proteina denominata distrofina. Nel muscolo questa è localizzata sul versante citoplasmatico del sarcolemma dove interagisce con la F-actina del citoscheletro, la struttura filamentosa di rinforzo della cellula muscolare; inoltre è strettamente legata ad un complesso di proteine sarcolemmali conosciute come proteine legate alla distrofina (DAPs) e glicoproteine legate alla distrofina (DAGs).
La mancanza della distrofina conduce ad una perdita delle DAPs e alla rottura del complesso proteina-distroglicano: questa rottura rende il sarcolemma suscettibile alla lacerazione durante la contrazione muscolare.
Negli stadi precoci le caratteristiche principali sono la degenerazione segmentale, la fagocitosi di singole fibre o gruppi di esse, la rigenerazione promossa dalla necrosi. Con il progredire della malattia si osservano modificazioni comuni a tutti i tipi di distrofia muscolare, ovvero: perdita di fibre muscolari, fibre residue di maggiore o minore diametro rispetto al normale e disposte casualmente, aumento degli adipociti e fibrosi.
Si osserva quindi successivamente uno stato di ipertrofia, risultato dell’ingrossamento delle fibre sane rispetto alle fibre adiacenti inutilizzate. Successivamente la vera ipertrofia viene sostituita da una pseudoipertrofia, dovuta alla sostituzione delle fibre degenerate con tessuto adiposo.
Alla fine, le fibre degenerano e scompaiono, presumibilmente a causa dell’estinguersi della capacità di rigenerazione dopo ripetuti insulti. In quest’ultimo stadio rimangono solo poche fibre muscolari sparse, quasi perse in un mare di adipociti.
Distrofia muscolare di Duchenne: come si manifesta?
La malattia esordisce nella prima infanzia. I maschi presentano ritardo nella deambulazione, solitamente dopo i 18 mesi, associato al ritardo del linguaggio e/o dello sviluppo globale. Sono relativamente comuni disturbi dello spettro autistico e i problemi comportamentali (ADHD, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo).
Il quadro clinico d’esordio è variabile da un bambino ad un altro, ma i principali sintomi che possono far sospettare una distrofia muscolare sono: movimenti goffi e impacciati; andatura in punta di piedi, incapacità a saltare; frequenti cadute; difficoltà a salire le scale; facile stancabilità all’esercizio fisico.
La progressione della malattia è rapida. I pazienti sviluppano un’andatura a base allargata con segno di Gowers positivo; hanno difficoltà a salire le scale e cadono spesso. Tra i 6 e i 13 anni, subentra la perdita della deambulazione indipendente, a un’età media di 9,5 anni nei pazienti non trattati con gli steroidi. Dopo la perdita della deambulazione si manifestano rapidamente le contratture articolari e la scoliosi.
Nel tempo la debolezza interessa anche i muscoli degli arti superiori, i muscoli respiratori e i muscoli necessari per la deglutizione.
I ragazzi dall’età di 20 anni spesso necessitano di un supporto respiratorio e presentano difficoltà nutrizionali. Anche il muscolo cardiaco è interessato da questa patologia e circa il 50% dei ragazzi affetti presenta segni di scompenso cardiaco all’età di 18 anni.
Distrofia muscolare di Duchenne: come si diagnostica?
Nei primi anni di vita, l’iter diagnostico è spesso avviato in seguito a un riscontro di alcuni sintomi che si presentano come campanello di allarme: ritardo della deambulazione, difficoltà a correre e ad alzarsi da terra.
Altre volte invece il sospetto è generato dal riscontro casuale, a seguito di un prelievo di sangue, di un incremento (fino a 100 volte) di creatinfosfochinasi (CPK) e di transaminasi (AST e ALT) nel bambino.
Le alterazioni muscolari peculiari vengono riscontrate con l’elettromiografia (potenziali di unità motoria con reclutamento rapido, di breve durata, a bassa ampiezza) e, quando eseguita, la biopsia muscolare mostra necrosi e marcata alterazione delle dimensioni delle fibre muscolari esclusa l’unità motoria.
L’analisi genetica è il test di conferma primario.
Se i test genetici non confermano la diagnosi, allora è consigliata l’analisi immunoistochimica della distrofina del campione bioptico muscolare. La distrofina è assente nei casi di distrofia di Duchenne.
Distrofia muscolare di Duchenne: consulenza genetica
La trasmissione della condizione è recessiva legata al cromosoma X. Una donna portatrice ha il rischio del 50% di avere un figlio maschio affetto e un rischio del 50% di avere una figlia femmina anch’essa portatrice, per ogni gravidanza. Una piccola percentuale di donne portatrici sviluppa forme lievi della malattia.
È possibile la diagnosi prenatale e la diagnosi preimpianto.
Distrofia muscolare di Duchenne: come si cura?
I protocolli terapeutici internazionali prevedono un approccio multidisciplinare.
Ad oggi non esiste ancora una cura in grado di bloccare la degenerazione muscolare.
L’unica terapia universalmente utilizzata si basa sui farmaci corticosteroidi che agiscono prevalentemente nel rallentare la progressione della malattia.
Un utilizzo tempestivo dei corticosteroidi permette di ritardare la perdita della deambulazione, prevenire la scoliosi e ritardare la comparsa dei disturbi respiratori. Nella distrofia di Duchenne, i corticosteroidi giornalieri (prednisone o deflazacort) sono il cardine della terapia per i pazienti di età superiore 4 anni che non migliorano più le loro capacità motorie, o che hanno capacità motorie in declino. L’utilizzo a lungo termine migliora la forza, ritarda l’età in cui la deambulazione si perde da 1,4 a 2,5 anni, migliora il tempo del test funzionale (una misura di quanto velocemente un bambino compie un compito funzionale, come camminare o alzarsi da terra), migliora la funzione polmonare, riduce le complicazioni ortopediche, stabilizza la funzione cardiaca e aumenta la sopravvivenza da 5 a 15 anni.
Tra gli effetti collaterali si annoverano: l’aumento ponderale, la facies cushingoide e l’aumento del rischio di fratture vertebrali e delle ossa lunghe.
Attualmente la ricerca scientifica mira ad identificare una cura per questa malattia con lo sviluppo di approcci terapeutici innovativi
Tra questi:
- Il controllo delle mutazioni nonsenso: attualmente, l’unica molecola ad aver ricevuto l’approvazione in Europa è Ataluren, che agisce esclusivamente sulle mutazioni nonsenso, che caratterizzano il 10% dei bambini con Distrofia Muscolare di Duchenne.
L’ataluren promuove la lettura (readthrough) ribosomale che permette di superare i codoni di stop che provocano la terminazione prematura della sintesi ma non di quelli normali e mira a produrre una proteina distrofina funzionale. È un’pzione per i pazienti con distrofia di Duchenne che hanno 2 anni e più, che sono in grado di camminare, e la cui malattia è per l’appunto causata da mutazioni non-senso. Il beneficio clinico non è dimostrato.
- La Exon Skipping: la strategia dell’exon skipping utilizza piccole sequenze di oligonucleotidi per ristabilire il corretto schema di lettura del genoma, eliminando l’esone che corrisponde alla regione in cui è presente la mutazione. Alla fine di questa operazione molecolare, la distrofina prodotta sarà più corta del normale, ma pur sempre dotata della sua funzione muscolare. L’obiettivo di questa terapia è dunque quello di trasformare una mutazione grave che provoca la Distrofia Muscolare di Duchenne in una mutazione meno grave, che determini una distrofia muscolare di tipo Becker.
Nel 2016, la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato, negli Stati Uniti, il trattamento con Eteplirsen nei pazienti che hanno mutazioni nel gene della distrofina trattabili con il salto dell’esone 51, mutazioni che colpiscono circa il 13% dei soggetti con Distrofia Muscolare di Duchenne. Questa molecola non è stata ancora approvata dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ma solo dalla FDA (USA). L’approvazione del farmaco è stata criticata poiché era basata su un piccolo studio che prendeva in considerazione un risultato surrogato (la distrofina nella biopsia muscolare) e il beneficio clinico è rimasto non dimostrato.
Il golodirsen e il viltolarsen provocano il salto dell’esone 53. Possono essere utilizzati nell’8% dei pazienti con distrofia di Duchenne che hanno una mutazione nel gene della distrofina che possono trarre beneficio dal salto dell’esone 53. Il beneficio clinico non è dimostrato.
Il casimersen provoca il salto dell’esone 45. Può essere utilizzato nell’8% dei pazienti con distrofia di Duchenne con una mutazione confermata suscettibile di provocare un salto dell’esone 45. Aumenta la produzione di distrofina, ma il beneficio clinico non è stato dimostrato.
- La cura genica: questo approccio mira a ripristinare la produzione della distrofina trasferendo una copia del gene sano, per mezzo di un virus modificato, direttamente all’interno del tessuto muscolare. Purtroppo, le grandi dimensioni del gene della distrofina, che è il più grande che abbiamo nel nostro DNA, rendono l’impresa difficoltosa. Il trasferimento genico tramite vettori virali (p. es., delandistrogene moxeparvovec) utilizza vettori virali per fornire materiale genetico correttivo ai muscoli colpiti. Nonostante la mancanza di comprovato beneficio clinico, il delandistrigene moxeparvovec è l’unico agente approvato per la terapia di trasferimento genico tramite vettore virale, per cui i transgeni della microdistrofina possono essere somministrati al muscolo scheletrico e cardiaco utilizzando un capside virale adeno-associata (AAVrh74). Nessun miglioramento funzionale è stato osservato nello studio, ma nell’analisi di un sottogruppo, un miglioramento dello stato funzionale è stato osservato nella fascia di età di 4-5 anni. Gli effetti avversi comprendono nausea, vomito, febbre, disfunzione epatica e trombocitopenia, nonché reazioni immunitarie infiammatorie potenzialmente letali. Ulteriori studi sono necessari per determinare la posizione di questo agente tra le possibilità terapeutiche contro la distrofia di Duchenne.
Per i pazienti con diagnosi di distrofia muscolare di Duchenne si consiglia un esercizio attivo di lieve entità a più a lungo possibile per evitare l’amiotrofia o le complicanze di inattività. La fisioterapia passiva può prolungare il periodo di autonomia deambulatoria.
Gli interventi ortopedici devono mirare a mantenere la funzione e prevenire retrazioni. Un tutore piede-caviglia indossato durante il sonno può aiutare a prevenire retrazioni in flessione. Le ortesi possono preservare temporaneamente la deambulazione e la posizione eretta. A volte è necessaria la correzione chirurgica, in particolare nella scoliosi.
L’obesità deve essere evitata; la richiesta calorica deve essere considerata inferiore al normale, in seguito alla diminuita attività fisica.
L’insufficienza respiratoria può essere trattata con supporto ventilatorio non invasivo e talvolta con ventilazione meccanica. La tracheotomia elettiva sta guadagnando accettazione, consentendo ai bambini con distrofia di Duchenne di vivere fino ai 30 anni e oltre.
Per i bambini con cardiomiopatia dilatativa, un ACE-inibitore e/o un beta-bloccante possono aiutare a prevenire o rallentare la progressione
La prognosi della DMD è sfavorevole e l’aspettativa di vita è significativamente ridotta (il decesso avviene tra la terza e la quinta decade), ma sta migliorando grazie ai progressi nella presa in carico e nel trattamento
Associazione pazienti:
UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare: uildmcomunicazione@uildm.it
Duchenne Parent Project: info@parentproject.it; parentprojectonlus@pec.it
Bibliografia
- Duan D, Goemans N, Takeda S, et al: Duchenne muscular dystrophy. Nat Rev Dis Primers 7(1):13, 2021. doi: 10.1038/s41572-021-00248-3;
- Maria Sofia Falzarano, Chiara Scotton e Chiara Passarelli, Duchenne Muscular Dystrophy: From Diagnosis to Therapy, in Molecules, vol. 20, n. 10, 7 ottobre 2015, pp. 18168–18184
- Bushby K, Finkel R, Birnkrant DJ, Case LE, Clemens PR, Cripe L, Kaul A, Kinnett K, McDonald C, Pandya S, Poysky J, Shapiro F, Tomezsko J, Constantin C (January 2010). “Diagnosis and management of Duchenne muscular dystrophy, part 1: diagnosis, and pharmacological and psychosocial management”. The Lancet. Neurology. 9 (1): 77–93
- Birnkrant DJ, Bushby K, Bann CM, et al: Diagnosis and management of Duchenne muscular dystrophy, part 2: respiratory, cardiac, bone health, and orthopaedic management. Lancet Neurol 17(4):347-361, 2018. doi: 10.1016/S1474-4422(18)30025-5:
- Gloss D, Moxley RT 3rd, Ashwal S, Oskoui M: Practice guideline update summary: Corticosteroid treatment of Duchenne muscular dystrophy: Report of the Guideline Development Subcommittee of the American Academy of Neurology. Neurology86:465–472, 2016. doi: 10.1212/WNL.0000000000002337;
- Mendell JR, Goemans N, Lowes LP, et al: Longitudinal effect of eteplirsen versus historical control on ambulation in Duchenne muscular dystrophy. Ann Neurol79(2):257-271, 2016. doi: 10.1002/ana.24555;
- McDonald CM, Campbell C, Torricelli RE, et al: Ataluren in patients with nonsense mutation Duchenne muscular dystrophy (ACT DMD): A multicentre, randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet 390:(10101):1489–1498, 2017. doi: 10.1016/S0140-6736(17)31611-2;
- Mendell JR, Shieh PB, McDonald CM, et al: Expression of SRP-9001 dystrophin and stabilization of motor function up to 2 years post-treatment with delandistrogene moxeparvovec gene therapy in individuals with Duchenne muscular dystrophy. Front Cell Dev Biol 11:1167762, 2023. doi: 10.3389/fcell.2023.1167762