La sindrome di Brugada
La sindrome di Brugada è una patologia da disturbo elettrico cardiaco in assenza di difetti evidenti del miocardio. E’ caratterizzata fondamentalmente da fibrillazioni ventricolari, anomalie elettrocardiografiche, arresto cardiaco con morte improvvisa. All’ECG si evidenziano sovraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni elettrocardiografiche precordiali destre (da V1 a V3), blocco di branca destra completo o incompleto e suscettibilità alla tachiaritmia ventricolare e alla morte improvvisa. L’insorgenza della sintomatologia clinica, caratterizzata spesso da episodi di sincopi a riposo o durante il sonno, è mediamente compresa tra i 30 e i 40 anni, anche se sono stati descritti casi ad insorgenza precoce in età pediatrica e casi ad insorgenza in età avanzata.
Sono stati proposti diversi approcci terapeutici preventivi sino alla possibilità di impiantare un defibrillatore automatico, per cui i soggetti affetti devono essere inseriti in specifici follow up cardiologici. In alcuni casi il quadro elettrocardiografico non è riconoscibile o non è diagnostico. In questi casi è necessaria la somministrazione di farmaci antiaritmici (flecainide) per confermare o escludere la diagnosi. Sono stati descritti sia casi sporadici che familiari e le analisi dell’albero genealogico a trasmissione autosomica dominante. Ad oggi sono noti sette geni coinvolti nell’insorgenza della sindrome di Brugada: SCN5A, GPD1, CACNA1C, CACNB2, SCN1B, KCNE3 e SCN3B.
Tuttavia, il mancato riscontro di mutaa zioni, in presenza di diagnosi clinica ed ECGrafica, ipotizza il coinvolgimento di altri geni non ancora noti (Wilde A et al. Proposed diagnostic criteria for the Brugada syndrome. Circulation, 2002). Per i soggetti affetti il rischio di ricorrenza per i figli è pari al 50%. Vi è indicazione ad eseguire ECG ed eventuale test molecolare nei familiari per individuare eventuali altri soggetti affetti. Tuttavia l’ampia variabilità clinica della condizione, anche intrafamiliare, non consente di predire pur in presenza di mutazioni, il decorso e la gravità delle manifestazioni cliniche.
La sindrome del QT lungo
La sindrome del QT lungo (LQTS) è una cardiopatia ereditaria caratterizzata dalla presenza di un prolungamento dell’intervallo QT all’ECG basale e dal rischio elevato di aritmie che possono condurre al decesso. Le due manifestazioni principali della LQTS sono episodi sincopali che possono provocare l’arresto cardiaco con morte cardiaca improvvisa ed anomalie elettrocardiografiche che comprendono il prolungamento dell’intervallo QT ed anomalie dell’onda T. Tutti i geni identificati finora per la LQTS (KCNQ1, KCNH2, KCNE1, KCNE2, CACNA1c, CAV3, SCN5A, SCN4B) codificano per le sottounità o proteine del canale ionico cardiaco coinvolte nelle correnti ioniche modulanti. La prognosi della malattia è buona nei pazienti che vengono diagnosticati e trattati correttamente.
La Cardiomiopatia Ipertrofica
La Cardiomiopatia Ipertrofica è una malattia genetica del miocardio la cui caratteristica più costante è ipertrofia asimmetrica del ventricolo sinistro, soprattutto a livello del setto interventricolare. Il muscolo cardiaco, in tale patologia, solitamente mostra alcune anormalità particolari, la più evidente delle quali viene chiamata “disarray dei cardiomiociti” in cui il normale allineamento parallelo delle cellule è andato perduto e molte delle cellule muscolari sono disposte in modo caratteristicamente caotico e disorganizzato.
È probabile che questa disorganizzazione delle cellule interferisca con la normale trasmissione elettrica degli impulsi e predisponga alcuni pazienti a irregolarità del ritmo cardiaco o anche a una alterata contrazione del cuore. I sintomi comprendono dispnea, sincope, collasso, palpitazioni e dolore toracico e sono spesso scatenati dall’esercizio fisico. Spesso l’evoluzione non mostra altre complicanze, anche se qualche volta sfocia nell’esito più temuto, cioè la morte improvvisa, di solito correlata a tachiaritmia ventricolare.
In almeno il 60% dei casi la malattia è ereditaria, a trasmissione autosomica dominante, a penetranza e espressività variabili. Sono stati implicati nell’eziologia della malattia molti geni che codificano per le proteine del sarcomero. La presa in carico comprende l’uso di farmaci beta-bloccanti o calcio-antagonisti e, occasionalmente, intervento chirurgico. Le alternative terapeutiche più recenti comprendono la stimolazione cardiaca (pacemaker) e l’ablazione settale.
La cardiomiopatia dilatativa familiare
La cardiomiopatia dilatativa familiare (DCM) è una malattia del muscolo cardiaco, caratterizzata dalla dilatazione ventricolare con funzione sistolica ridotta. I pazienti presentano insufficienza cardiaca, aritmie e aumento del rischio di morte improvvisa. In molti casi, la malattia è ereditaria e viene, perciò, definita DCM familiare (FDC) e corrisponde al 20-48% dei casi di DCMed è causata soprattutto da mutazioni nei geni che codificano per le proteine del citoscheletro e del sarcomero delle cellule muscolari cardiache. L’anamnesi familiare è importante per identificare le famiglie con FDC. Negli ultimi anni si stanno sviluppando test genetici per la valutazione delle famiglie con FDC e saranno utilizzati sempre di più nella pratica clinica.
Lo screening delle famiglie attraverso lo studio dell’albero genealogico e/o i test genetici rende possibile l’identificazione dei pazienti in fase precoce o in fase presintomatica. In questo modo, è possibile promuovere un cambiamento dello stile di vita e iniziare una terapia farmacologica precoce, così da influenzare, probabilmente, il decorso della malattia. La consulenza genetica è importante per identificare altri soggetti asintomatici nella famiglia, che sono a rischio di sviluppare la sintomatologia, così da poterli sottoporre a controlli regolari. Il trattamento della FCD è finalizzato al controllo della progressione dell’insufficienza cardiaca e delle aritmie ed è basato sull’uso delle linee guida correnti per il trattamento della DCM.
Il trattamento prevede misure generiche (assunzione controllata di sale e liquidi, trattamento dell’ipertensione, limitazione dell’apporto di alcol, controllo del peso corporeo, moderato esercizio fisico) e la terapia farmacologia. Si sta allargando l’uso della resincronizzazione cardiaca, dei defibrillatori cardiovertori impiantabili e dei dispositivi di assistenza della funzionalità del ventricolo sinistro. I pazienti con grave insufficienza cardiaca, grave riduzione della capacità funzionale e ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra hanno basse possibilità di sopravvivenza e possono necessitare del trapianto cardiaco.
Lo staff di BGenetica è pronto ad affiancare il paziente e i familiari nel percorso di consulenza genetica per valutare il percorso più adatto, per maggiori informazioni scrivici sulla pagina contatti o via mail a info@bgenetica.it